C’è un filo conduttore che lega personaggi come Socrate, Gesù Cristo, Michelangelo da Caravaggio e Dante Alighieri. Il Tempo. Esiste il tempo prima di Socrate, con i presocratici, poi c’è la filosofia dopo di lui. Esiste il tempo prima e dopo di Cristo, che ha cambiato il corso della storia del Mondo. Esiste il tempo prima di Caravaggio, con i manieristi, e ci sono tanti artisti che da lui hanno tratto ispirazione denominati i caravaggeschi. Esiste il tempo prima di Dante, con il latino in lingua d’oil, e poi c’è lui, che ha cambiato le sorti della letteratura italiana.
Il 2021 sarà la ricorrenza del settimo centenario della morte del sommo poeta. L’opera dantesca rivela un significato storico altissimo poiché è rappresentativa di una civiltà e una cultura capaci di esprimere valori di significato universale. Gli scritti di Dante, soprattutto la Divina Commedia, rivelano un’originalissima sintesi della cultura, compreso lo Stil Novo a cui si collega l’alta spiritualità della lirica d’amore, e degli ideali di vita del Medioevo nel momento in cui, in Italia, esso volgeva ormai al crepuscolo.
Dante è considerato il principale poeta e scrittore della nostra tradizione e la sua opera ha goduto di un’immensa diffusione e fortuna critica sin dal XIV sec., quando è stato accostato a Petrarca e Boccaccio quale una delle “tre corone” fiorentine della letteratura volgare ed è stato preso a modello di stile e lingua letteraria. È uomo del Duecento e la sua cultura appare ancora fortemente legata a schemi mentali propri del Medioevo, fatto che appare particolarmente evidente soprattutto nel suo rapporto con la letteratura classica che, pure, è parte integrante della sua formazione. Ignora il greco e della letteratura greca ha solo una conoscenza indiretta, mediata probabilmente da volgarizzamenti e traduzioni tarde. Dante inoltre sottopone le opere della letteratura antica a un processo di rilettura in chiave cristiana che ne forza il senso e il messaggio storico. Quanto alla tradizione volgare, invece, Dante è profondo conoscitore soprattutto della letteratura in lingua d’oc e, anzi, padroneggia assai bene la lingua dei trovatori. Il suo volgare è comunque una lingua arricchita di tanti prestiti dai più diversi idiomi, pieno di latinismi, provenzalismi e, specie nel Paradiso, di neologismi inventati dal poeta, per cui si parla giustamente di un “plurilinguismo” dantesco.
Dal punto di vista filosofico, la formazione di Dante avviene naturalmente nell’ambito della teologia cristiana, tuttavia egli conosce il pensiero dei filosofi antichi a cominciare da quello importantissimo di Aristotele, giunto a lui attraverso la mediazione dei traduttori e commentatori arabi Avicenna e Averroè, nonché della rilettura in chiave cristiana di san Tommaso d’Aquino nella Summa Theologica, diventata poi l’impalcatura dottrinale di tutto il pensiero medievale e della stessa Commedia. Dante ha una conoscenza più diretta dei filosofi latini, tra cui spiccano Cicerone e Severino Boezio da lui letti e studiati negli anni successivi alla morte di Beatrice, quando per sua stessa ammissione la filosofia gli offre consolazione per la perdita della donna amata. Nel Convivio la “donna gentile” della Vita nuova è appunto reinterpretata come allegoria della filosofia. Lo studio della filosofia pagana potrebbe inoltre essere all’origine del cosiddetto “traviamento” allegorizzato nella “selva oscura” dell’Inferno e rimproverato al poeta dalla stessa Beatrice, nella Commedia, inteso come una eccessiva importanza data alla ragione umana a scapito della fede e della dottrina, espressa soprattutto nel Convivio e non è da escludere che in questa fase Dante abbia subìto un certo influsso dell’averroismo; l’inizio della composizione della Commedia vede comunque il ritorno di Dante a posizioni più ortodosse e il riconoscimento del primato della teologia sulla ragione, benché Avicenna e Averroè siano posti nel Limbo tra gli “spiriti magni” accanto agli altri filosofi antichi. Tra i teologi cristiani, oltre al già citato Tommaso d’Aquino, grande influsso ha avuto su Dante anche sant’Agostino posto nella “candida rosa” del Paradiso accanto a san Benedetto e a san Francesco. Il primato indiscusso spetta comunque al tomismo che caratterizza tutto il pensiero di Dante, inclusa la cosmologia della Commedia che si rifà al modello aristotelico-tolemaico, con la Terra immobile al centro dell’universo e nove cieli concentrici che si muovono intorno ad essa, fino all’Empireo sede di Dio, dei cori angelici e dei beati. Punto fermo rimane l’insufficienza della ragione umana, pur necessaria a raggiungere la felicità terrena, a penetrare fino in fondo i misteri divini, per cui è necessaria la fede sorretta dagli insegnamenti della teologia, che quindi è superiore in tutto alla filosofia; tale affermazione è più volte ripetuta soprattutto nel Paradiso, dove peraltro il poeta non abbandona mai un atteggiamento razionalista e dove persino la visione finale di Dio assume l’aspetto di una sublime astrazione intellettuale, piuttosto che un abbandono mistico all’estasi. Da ricordare infine che sempre nella terza Cantica del poema Dante corregge più volte opinioni filosofiche espresse in precedenza nel Convivio, come nel caso delle macchie lunari o delle citate gerarchie angeliche, il che fa pensare che la Commedia rappresenti un superamento della filosofia umana seguita negli anni precedenti l’esilio e, soprattutto, un affermare la netta superiorità su di essa della teologia, così come l’impossibilità per l’intelletto umano di comprendere pienamente tutte le questioni inerenti il divino.
Marsilio Ficino definisce Dante Alighieri, un filosofo poetico di stirpe angelica. In questa definizione vi è tutta l’origine dello spirito ribelle e passionario, che lo rende inviso ai più potenti e scomodo per se stesso. Giovanni Papini lo definisce, al tempo stesso, un profeta ebreo, un sacerdote etrusco ed un imperialista romano. Profeta per i suoi annunci messianici, etrusco per i suoi viaggi nell’oltretomba, imperialista, perché ritiene che per Dante, Roma è la vera patria. Nel “De Monarchia”, Dante ha l’ardire di rivendicare l’indipendenza della podestà temporale da quella spirituale, l’autorità monarca discende direttamente da fonte divina, senza intercessione papale. Dante si pone come ponte tra antico e moderno, punto di equilibrio tra romanità ed umanesimo. Mentre per Macchiavelli bisogna scendere negli inferi per reggere le sorti di un popolo, per il sommo poeta l’impero rappresenta il paradiso in terra. Con Dante nasce il diritto umano, come fondamento di un popolo, anche se rimane sacra la sua fonte. Alighieri prefigura lo Stato universale e questo sogno attraversa i secoli per giungere fino a noi. La visione universale dantesca passa per l’idea di unire un popolo e renderlo sovrano; è lui a dare dignità al terreno comune italiano attraverso la lingua. È Dante a riannodare la civiltà cristiana con quella romana, riconoscendoli come genitori dell’Italia.
Il pensiero, la poesia e la filosofia di Dante Alighieri si muovono verso l’alto, con l’intelletto d’amore, a riveder le stelle.