Sovereto è un borgo medievale bellissimo, misterioso, da visitare e godere soprattutto d’estate. La ragione? L’intraprendente maestro Paolo Lepore, da qualche anno ha inventato un festival di musica, cinema, teatro ecc. ecc. che attira migliaia di turisti. Anche la prossima edizione in programma negli ultimi giorni di luglio, sarà ricca di sorprese noi vogliamo dedicarle un editoriale.
Nel 2014 l’avvocato barese Francesco Paolo Sisto, all’apice della sua carriera politica, tenne una conferenza che noi registrammo e trascrivemmo, perché scoprimmo che un uomo di legge, apparentemente un altissimo burocrate, aveva una sensibilità speciale.
Questo testo che segue è un piccolo gioiello di riflessione sull’arte e sui mestieri ad essa collegati.
Buona lettura.
Elogio della creatività
di Francesco Paolo Sisto
Partendo dagli ambiti di cui mi occupo
–musica, politica e diritto-
cercherò di darvi un’idea di ciò che possa essere la creatività.
Innanzitutto, la creatività non è la creazione.
‘Creare’ è compito soltanto del Padre eterno,
che dal nulla produce qualcosa di nuovo.
La creatività, al contrario, ha un procedimento completamente diverso e sostanzialmente, per quello che posso dire, comporta tre stadi:
In primis, la conoscenza.
Io non penso che si possa essere creativi con uno schiocco di dita, come se fossimo Mary Poppins, secondo un parametro di intuizione.
Bisogna ‘conoscere’.
Insegno all’università “Sicurezza del Lavoro” e per i tecnici della sicurezza,
tre sono i passaggi fondamentali
(valgono anche per i medici, non cambia molto):
la conoscenza approfondita di quello che si deve fare,
l’esperienza
e la tecnica.
Sono tre passaggi importantissimi.
A tal proposito, faccio un esempio molto semplice.
Se un medico conosce cinquemila sintomi,
la sua intuizione creativa sarà su cinquemila sintomi;
se ne conosce diecimila, la sua intuizione sarà su diecimila sintomi.
Chi più sa,
può essere più creativo e intuitivo.
Il secondo passaggio è il rispetto delle regole.
Considerate il musicista:
suona uno spartito, ma se dovesse andare per un attimo
un millimetro oltre quello spartito,
perderebbe completamente il baricentro del suo apporto musicale e tecnico.
Eppure si può negare che esista qualcosa di più creativo di un musicista? Pensate a Spielberg e al film “Incontri ravvicinati del terzo tipo”,
in cui la musica diventa strumento di comunicazione con gli alieni.
Un linguaggio assolutamente universale.
Quindi, la musica è rigore matematico, nel rispetto di quelle regole,
ma è al tempo stesso il massimo della creatività.
Il rispetto delle regole costituisce il secondo passaggio fondamentale
per poter essere creativi.
Il terzo stadio è il più delicato:
è il rispetto della propria e dell’altrui identità.
Per poter essere creativi nel modo migliore è necessario rispettare sé stessi
e soprattutto gli altri.
Perché una creatività self-made non ha alcun senso,
essere creativi per sé stessi è un procedimento improduttivo.
Anche l’intuizione deve necessariamente avere un bersaglio,
un bersaglio che si rispetta
e che si è in qualche modo in grado di tenere in grande considerazione.
Credo che, da questo punto di vista, la conoscenza abbia un grande esempio.
Se qualcuno di voi è stato in visita al museo “Picasso”di Barcellona,
avrà notato come Picasso non è quello de Les demoiselles d’Avignon,
cioè quando taglia lo spazio, divide le figure
e capisce che lo spazio è soltanto un pretesto
per rappresentare colori e figure.
Picasso era un grandissimo pittore figurativo
e le colombe disegnate da ragazzino erano straordinarie.
Con questo voglio dire che Picasso non si è messo a disegnare,
immediatamente, quelle figure sparpagliate nel quadro,
sulla base di un’intuizione creativa, ma è partito dal figurativo.
Cioè, è partito dalla conoscenza massima di quelli che sono
i tipi più tradizionali e poi ha potuto sviluppare
l’intuizione che ha portato a Guernicae allo spazio diviso,
facendone la massima espressione del Novecento.
E se questa è l’intuizione artistica (Guernica),
quell’altra (le colombe) l’intuizione diagnostica,
è evidente che più si conosce e più si è creativi.
A questo punto, l’ultimo tema da affrontare viene dalla musica:
come si fa a suonare senza essere in linea con lo spartito
e con gli altri orchestrali?
Allora, capite come la creatività esige anche il rispetto
del contesto in cui si manifesta.
E ancora, un altro esempio che ci viene sempre dalla musica.
Pollini è un grandissimo pianista, forse il più grande esecutore di Chopin.
Ma quanti pianisti interpretano Chopin,
esattamente gli stessi spartiti?
Anch’io ho studiato pianoforte per cinque anni,
ma la stessa esecuzione suonata da me e suonata da Pollini
ha un effetto completamente diverso.
Quindi, nella musica c’è proprio, secondo me, la chiave di lettura
di una creatività che si basa sul rispetto delle regole e sul rispetto altrui,
ma che è data proprio dalla diversità di esecuzione.
Allora cos’è che fa la differenza,
in un discorso che è identico in ogni passaggio,
ma ciò che cambia è l’interprete?
È una differenza di pathos, di creatività, di esperienza, di conoscenza.
Anche nel Diritto il discorso non è molto diverso.
Io sono penalista e lo dico con grande orgoglio,
probabilmente è l’anima che conservo con più identità.
Bene, gli avvocati e i giudici rispettano le identiche leggi,
eppure ci sono avvocati migliori di altri.
Avvocati che hanno intuizioni vincenti,
avvocati più baconiani, avvocati meno legati al risultato.
Ogni giurista legge gli stessi codici, eppure nella scala
c’è chi è più capace di essere creativo
di avere in dottrina l’intuizione che avvicina una norma al fatto
e capire qual è il chiavistello che permette di vincere il processo.
Invece, per riferirmi alla politica, parto dalla mia esperienza prima del 2008 quando sono stato Commissario Straordinario
all’Istituto di ricovero e cura “de Bellis” di Castellana Grotte:
330 dipendenti e un ospedale ridotto ai minimi termini.
È stata una delle esperienza più belle della mia vita, perché
quando si è Commissario Straordinario si ha un vantaggio:
si è soli a comandare e si può esercitare tutta la propria creatività.
Cioè, quando una persona deve recuperare una struttura,
ha modo di provare la creatività, partendo
da una politica che si faccia carico dei problemi della gente comune
e cerca di risolverli a partire dalle stesse regole.
E quali sono queste “regole” della politica?
Innanzitutto la cultura.
Dico, con molta franchezza, che secondo me nella politica
non si può essere ignoranti, perché
un politico che non sa quello che fa
e si presenta alla gente senza avere un minimo di competenza
è una persona inaffidabile.
Come si può pensare di affrontare i problemi complessi di oggi
senza avere la passione per conoscere, esattamente,
quello che si è chiamati a fare?
Ci si può permettere l’ignoranza, in politica?
Io dico di no.
Per essere credibili, vale lo stesso discorso di un musicista,
un avvocato, un medico.
Il politico di qualità è colui che sa quello che dice,
che sa quando deve tacere
e quando è il momento giusto di intervenire in maniera utile.
Vedete,la cultura è legalità.
I bambini devono essere educati alla cultura,
perché devono capire che il sapere è fonte di potere, correttezza
e approccio migliore alla società.
La seconda caratteristica di un politico creativo è l’onestà,
su cui non spendo una parola e vado oltre.
Terza caratteristica è la sobrietà.
Non è un dato secondario.
Oggi io sono Presidente della Commissione Affari Costituzionali
e ho imparato che la politica deve mantenere nei confronti degli altri
un atteggiamento di sobrietà, vicinanza e familiarità.
Tutto questo porta all’autorevolezza.
Il politico autorevole è solo colui al quale viene riconosciuta
la capacità di gestire e governare.
Quindi, musicista, avvocato e politico sono tre figure che scambio;
la loro contemporanea presenza in me non mi spaventa.
Le faccio volentieri tutte e tre:
non c’è differenza fra essere un musicista poco più che dilettante,
un avvocato professionista
e un politico soddisfatto e
teso a non perdere l’immagine che ha costruito professionalmente.
Il cuore che pulsa in queste tre anime
-del musicista, dell’avvocato e del politico-
è esattamente lo stesso.
E da questo punto di vista, vivo molto intensamente.
Certo, c’è poco tempo per me, ma tutto il tempo che ho
lo spendo per qualcosa che mi piace e
se devo tirare una linea algebrica della mia vita
devo dire che sono molto soddisfatto.
Quindi,quando parlo di elogio alla creatività, intendo dire
elogio della gioia di vivere e dell’approccio alla vita
in maniera sentita e appassionata.
Ora, per divertirci insieme, vi propongo un gioco.
Lo faceva sempre Umberto Eco: quando aveva un problema;
lo scrittore andava nella sua libreria, prendeva un libro
e apriva una pagina a caso.
Per esempio, leggiamo un passo di Cicerone:
(apre una pagina)
Quale stile adottare? Colui che si esprime correttamente non viene ammirato. Viene però deriso quello che si esprime male e non solo in quanto oratore, ma come persona. Analogamente, non si apprezza colui che ha parlato in modo tale che i presenti lo capissero, ma si biasima colui che non è riuscito a raggiungere questo obiettivo…
In sostanza, cosa dice Cicerone in questo passo?
Ci dice che è normale saper parlare e farci capire.
Il messaggio è che l’oratoria e il ‘saper parlare’ sono una base comune,
ciò che non va bene è il soggetto che si mette a parlare
e non si fa capire.
Pensate, quante volte questo accade in politica?
Ancora, consideriamo questo passo di un libro del 1826:
“L’arte di ben congetturare nei giudizi penali”
dell’avvocato napoletano Leonardo Romano.
Sono parole che meritano una riflessione sulla confessione dei rei
e del loro giusto valore.
Non si è mai dubitato e per vero dire non sembra potersi dubitare che le confessioni dei rei faccian prova in giudizio. Il dubbio può cadere sulla loro spontaneità, per la ragione che un’azione distruttiva della propria esistenza o felicità, come è quella del confidente allorché confessa un reato, fa di necessità supporre una delle tre cose: violenza, timore o inganno.
Guardate che modernità!
L’autore ci sta dicendo che la confessione deve essere spontanea,
perché se non è tale c’è timore di violenza, timore o inganno.
Allora pensate a un fenomeno come Mani pulitee, a tal proposito,
vi invito a leggere il libro di Marco Travaglio:
vi dimostra come in un paese civile si possa a mezzo giustizia
raggiungere un obiettivo sbagliato,
un obiettivo in cui la giustizia piega la politica
e la rende distrutta da uno strumento apparentemente legittimo.
Quindi, quando parlo di creatività, onestà, conoscenza, voglio dire che dobbiamo essere innanzitutto sempre ligi.
E questi segnali, seppur del 1826, devono restare chiari e forti in noi…
A questo punto voglio essere onesto e leale fino in fondo
e non nascondere niente della mia personalità.
Vi voglio far conoscere una canzone che ho scritto molti anni fa.
Avevo 17 anni, ero in crociera con la mia famiglia e scendemmo a Marrakech. Lì rimasi impressionato da un bambino che aveva un volto sofferente
e che ci venne incontro per venderci di tutto,
pur di avere in cambio qualche soldo. Da ciò, nacque questa canzone:
Mustafa, la maglietta stracciata,
le gambine minute, la faccia scavata.
Tremando per fame o pudore, non so,
offri la polvere per gli occhi delle signore che vengon dall’Est,
piccolo bimbo nella kasbah di Marrakech.
Mustafa, negli occhi il bisogno di un affetto diverso,
della luce di un sogno. Andarsene a dormire,
stringendo nei pugni le due cinquanta lire
che ti ha dato una lady,
soltanto per levarti in fretta dai piedi.
Rit: Quante volte solo a te stesso tu hai chiesto:
“Perché non spicco anch’io il volo, non mi libro in aria adesso?”,
e quanto hai sperato di fuggire da quel mondo
lasciare tutto, Alì e il cous cous, salire su quell’autobus.
Saluti con mano leggera, ma in quel gesto il tuo Io si dispera,
e torni a casa a testa china e fissi lo sguardo
al di là della collina e si perde la vista:
“Chissà -pensi-se un giorno sarò anch’io un turista”.
Solo un’ultima cosa prima di lasciarci, perché credo che sia giusto onorare un’altra grande tradizione familiare.
A casa mia abbiamo l’abitudine di scrivere strambotti,
che sono componimenti in rima di tipo festoso.
La tradizione è che quando si sta a cena, si scrivono
e poi si leggono a fine serata.
E poiché vi considero amici, ho scritto questo strambotto per voi:
Questa sera, in questa piazza,
nasce un festival di razza.
Sovereto, lo si sa,
festa di creatività.
La cultura, il ben sapere
qui le tocchi, puoi pur vedere
note in gran quantità,
dolci, belle e in libertà.
Quella che a me è sì cara,
che di gioia è mai avara,
a cercarla tu ti attizzi
a New York come a Terlizzi.
Perché penso, scrivo, creo,
della vita cicisbeo,
dell’amore innamorato
musicista e avvocato.
Il politico lo stesso,
a quei due lui corre appresso,
li raggiunge in un baleno per non essere da meno.
Me li porto sempre addosso e credetemi,
non posso sopportarli più di tanto.
E per questo che io canto,
per marciare più leggero
per sembrare sempre vero.
Ora basta, il tempo stringe,
nella piazza mai si finge,
qui si calibra il talento,
mica siamo in Parlamento.
Cari amici, grazie assai,
bello è stato come mai
stare qui insieme a voi,
ci ritorno prima o poi.
Grazie per avermi ascoltato.