La seconda Carmela della nostra redazione, bella, ironica e intelligente come la prima, è una dottoressa in filosofia. Ha studiato tanto, si è laureata con la lode, ora si dedica al doposcuola con i ragazzi meno dotati o più svogliati e, se sono poveri, non si fa pagare il dovuto. “Mi dispiace togliere a chi ha poco”.
Ebbene, per una donna meridionale così virtuosa questo Stato, in mano a burocrati senza scrupoli e a ministri senza laurea, non le ha ancora garantito un piccolo lavoro di insegnamento. La dottoressa Lippolis dovrà superare una incessante serie di corsi a pagamento, per conquistare l’abilitazione ad un concorso nozionistico da suicidio che potrà darle diritto alla cattedra, chissà quando e chissà dove.
Ma non è questa la maledizione socratica che condanna i filosofi a portare i ferri. Se i ragazzi crescono senza leggi morali, se i politici rubano e giurano il falso, se nazisti e razzisti spaventano il popolo con la loro violenza è perché la filosofia non si studia più. L’unica materia che insegna a distinguere il vero dal falso, il bello e il brutto, ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, ha soltanto qualche ora nei palinsesti liceali, ma è trattata come l’ancella della scienza.
Gentili lettori di questo magazine, noi filosofi sentiamo carenza di affetto e di stima, ma non piagnucoliamo e non siamo i fratelli scemi degli psicologi, dei professori di lettere, dei giuristi, dei pedagoghi. Gridatelo a quelli che hanno gettato la morale nel fango: la filosofia dovrebbe essere insegnata dalla terza elementare in poi, in tutti i tipi di scuole e anche dopo, fino a quando un essere umano muore, perché anche l’assurdità della morte è più sopportabile, come sa chiunque legge Heidegger, Plutarco, Sant’Agostino.
Invece Carmela Lippolis non ha ancora avuto una modesta supplenza e secondo le leggi di merda dell’Inquisizione parlamentare non possiede un attestato per insegnare filosofia, nemmeno ai figli dei suoi compaesani.
E noi saremmo gli eredi di Seneca, Lucrezio, Cicerone, Marc’Aurelio?
Noi italiani siamo complici del reato culturale più grave, il filosoficidio, e per un delitto tanto grave nessuno è stato ancora punito.