“Bestia da latte” di Gian Mario Villalta edito da SEM è un libro antitetico e lo si capisce già dalla copertina. La “bestia da latte” è un ragazzino intagliato nel legno, una sorta di automa tirato fuori dalla serie tv Black Mirrordallo sguardo fisso, ma disattento. Quando si legge capita spesso di immaginarsi il volto del protagonista, magari lo si associa agli attori famosi. Stavolta invece la sua faccia è in prima pagina ed è una gioconda alienata che non ha il coraggio di guardarci in faccia e la ragione la si comprende sin dal primo capitolo. La narrazione comincia con il ricordo delle botte subite dal cugino Giuseppe da bambino e lui sa che la pianterà solo quando lo vedrà piangere.
Gian Mario Villalta è scrittore, poeta, direttore artistico di pordenoneleggee ha dimostrato il suo lirismo anche in questo libro che è una antologia degli anni sessanta, quando il boom economico inizia a cambiare le abitudini: le stalle iniziano a puzzare, i contadini investono sui figli nella speranza di vederli “dottori”. Eppure questo romanzo, che è il racconto di una emancipazione, è viziato dalle lotte matriarcali tra nuore e suocere, è appesantito dalla grettezza dei maschi che considerano una donna che veste come più le piace una puttana, sentendosi autorizzati a toccarla quando passeggia per strada. Anna la puttana, o semplicemente zia Anna, quella libera che viaggia e se ne frega della cultura del comando nella famiglia, è la mamma di Giuseppe che per questo sarà sempre il nipote indegno del “capo famiglia” e il cugino di cui avere timore. Il nonno torna ogni sera dai bagordi ubriaco, si sfila la cinta e picchia Giuseppe, mentre con l’altra mano accarezza il protagonista che è la sua “bestia da latte”.
Nella vita degli anni sessanta si nasce “bestia da carne o da latte“, puoi essere una macchina da lavoro nei campi o una garanzia di riscatto futuro per la famiglia. Il protagonista è oggi un professore, ha una famiglia e il senso di colpa di aver meritato la sua vita col sacrificio del cugino, il suo pharmakos (antidoto e veleno) ancora oggi. Villalta ha uno stile carnale ed è un peccato leggere alcune ripetizioni, forse propedeutiche a far comprendere l’angoscia dei personaggi persi in una rincorsa continua alla rivalsa con la zavorra della loro ignoranza. L’autore scrive quasi con un vezzo manzoniano, raccontando un’epoca diversa dalla nostra per farci in realtà guardare allo specchio. Dopotutto possiamo dichiararci diversi rispetto agli anni sessanta? Nemmeno le avanguardie della tecnologia sanno renderci ancora capaci di guardare al futuro senza le elucubrazioni, tripudio da tsosui social, sugli altri. “Bestia da latte” ci fa domandare se abbiamo voglia di libertà. Chissà quando sapremo rispondere.
“Bestia da latte”, Gian Mario Villalta
SEM
Euro 16,00