“L’insulto” di Ziad Doueiri, Libano, 2017

Beirut. Un ingegnere palestinese capomastro, provocato dalla spregevole maleducazione del garagista Tony (Adel Karam) fervente sostenitore del Partito Cristiano, insulta quest’ultimo con un casto “stronzo”. Casto mica tanto. Una parola così, da quelle parti, innesca insulti e frasi ancora più pesanti. Una reazione a catena che scoperchia in un colpo solo tutta la potenza della questione palestinese. La cicatrice della guerra civile, dal 1975 al 1990, è ancora visibile.  Una vecchia ruggine, mai sopita e mai riverniciata.  Dialoghi serrati, un crescendo di odio che ha radici lontane, una causa che arriva poi in tribunale, con tanto di televisioni e cortei per strada. Inutile ripetere saggiamente “bisogna voltare pagina”, come dicono i protagonisti. Inutile e impossibile rifletterne posizioni, sia per lo spettatore che da parte dell’autore.  “Magari Sharon vi avesse sterminati tutti”. Sfido qualunque palestinese a restare impassibile di fronte a questa frase. Ma, di fronte alla legge, quel “magari”, è solo un desiderio. E il solo desiderio non è  sufficiente a essere reato penale. Insomma, non siamo di fronte al classico Legal movie, ma il lungo dibattimento tra il principe del foro filo-cristiano e la figlia avvocato filo-palestinese, denuncia tutto il conflitto tra la vecchia guardia e il più moderno atteggiamento politico-strategico.  Un’apparente bega di quartiere che diventa affare di stato, ne fa un film che incolla alla sedia.  E le nuove generazioni, forse, rifletterebbero su un pezzo di storia recente, come davanti ad una scacchiera disegnata da Esher.

“L’insulto” del regista libanese Ziad Doueiri,   è un film che andrebbe visto nelle scuole.

Related posts

Leave a Comment