Lo scrittore eremita

Premessa: in Italia gli autori che vivono soltanto esclusivamente del loro lavoro di scrittura sono un’esigua minoranza, sono l’eccezione che conferma la regola. Nemmeno questi fortunati, tuttavia, possono permettersi il lusso di starsene con le mani in mano.

Ogni mese vengono pubblicati nel nostro paese circa 5mila libri, la maggior parte dei quali non vedrà mai lo scaffale di una libreria per un’infinità di motivi (di cui parlerò in un altro articolo).

Ma anche per quelli che hanno la fortuna di arrivarci la strada è comunque in salita. Solo per fare un esempio: avete presente quanto è grande il catalogo di Mondadori? Siete sicuri di conoscere tutti i loro autori? La risposta è ovviamente no perché gli investimenti in promozione che una casa editrice fa non sono mai gli stessi per tutti gli autori. È la realtà dei fatti. Con questo cosa voglio dire? Che pubblicare con una grande casa editrice (prendo sempre ad esempio Mondadori perché è probabilmente quella in Italia con le maggiori possibilità economiche) non è sinonimo di vendite. Certo, sicuramente almeno in teoria aiuta, ma non basta. Credetemi!

Il mondo dell’editoria ha subito negli ultimi decenni trasformazioni continue che hanno modificato molti dei suoi tradizionali paradigmi. Pensare che lo scrittore debba solo scrivere e l’editore distribuire e vendere è ormai un’idea superata. Deve esserci una sinergia nuova e diversa.

Dopo che il libro viene stampato, un autore non può rinchiudersi nella sua torre d’avorio e aspettare, talvolta con una certa e sottile arroganza snob e anacronistica, lo sviluppo degli eventi.

Un autore che scrive un libro non può pensare che il suo compito sia finito nel momento in cui il libro viene pubblicato. Il difficile inizia proprio in quel momento. Voler pubblicare e non conoscere le regole basilari della comunicazione è un controsenso che non ammette giustificazioni. Così come non avere una minima conoscenza del mercato editoriale e delle sue tante dinamiche è inconcepile. A volte sorrido quando un autore si lamenta perché a una sua qualsiasi presentazione c’è poca gente e poi ripenso al fatto che quello stesso autore non ha mai partecipato a nessuna dei suoi colleghi o non ha mai comprato un libro. E allora iniziano le scuse e le polemiche infinite contro il sistema e i lettori che non capiscono niente. A volte basta davvero poco, un semplice bagno di umiltà e la voglia di mettersi in gioco e investire su se stessi.

E poi, diciamola tutta, si può vivere bene lo stesso anche senza pubblicare perché nessun libro (o quasi) è indispensabile.

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