Preludio a un bacio di Tony Laudadio

Emanuele è un uomo colto. Un sassofonista. Un lettore che ama iniziare le proprie giornate con una divinazione: ogni mattina entra in libreria, apre un libro a caso e lascia che la prima frase balzata ai suoi occhi determini l’immediato futuro, la lente attraverso cui guarderà il mondo.

Emanuele è un barbone. Un ubriacone precirrotico che lotta per la sopravvivenza agli angoli delle strade e ai margini della società.

Di quante sfumature si compone un essere umano? Quanti colori è necessario percepire per poter dire di conoscere qualcuno o di conoscersi?

Persino ai suoi occhi Emanuele non è degno di considerazione, non merita un gesto d’affetto: è solo un miserabile avvezzo alla fame e alla paura, alla sua stessa puzza. La vita per lui scorre così, bevendo e suonando per pochi spiccioli nel suo angolo, il marciapiede di fronte al Blue Bird. È lì che lavora Maria, brillante studentessa di Economia e management che fa la barista per pagarsi gli studi e che trova sempre il tempo per offrire un caffè e un sorriso al raffinato clochard, per prendere in giro la sua tendenza ad autocommiserarsi. Seduti al tavolino accanto alla vetrina da cui si vede il viavai, i due si fanno lunghe chiacchierate amene o filosofiche. E lo spirito ribelle, la mentalità fresca e libera della ragazza straripano dalle pagine, ci mostrano come un sentimento sincero non conosca barriere dovute a età, posizione sociale, sovrastrutture mentali. Sarà proprio l’intervento di Maria a ricordare al protagonista che «ogni essere umano è un panorama. In ognuno puoi trovare qualcosa da vedere, di cui meravigliarti, dentro il quale perderti. E quindi anche in te stesso. Ecco come devi guardarti: come un panorama. Come fai a non amarti?».

La svolta nella vita di Emanuele arriva mentre sta suonando Prelude to a Kiss di Duke Ellington e qualcuno gli spacca la testa con una sbarra di ferro. Basterà qualche notte passata in ospedale – al caldo, su un letto vero, mangiando a orari regolari e scambiando qualche parola con una affascinante dottoressa – a fargli realizzare quanto difficile sia tornare al peggio, una volta che si è conosciuto il meglio. Emanuele si accorge di poter sentire odori e percepire stimoli. Nudo nella sua faccia sbarbata, troppo pulito nei vestiti lerci inizia a notare ragazzi che ridono, signore che lo additano, uomini disgustati. Comincia a guardare se stesso dall’esterno e prova vergogna e rabbia, una rabbia che non credeva di custodire. E allora, mentre raggiunge il solito angolo chiedendosi perché tutto gli sembri così importante, mentre addolcisce l’aria con qualche melodia natalizia e accoglie in cambio il calore dei passanti, arriva a chiedersi se lo sfioramento della morte non gli abbia donato qualche potere sovrannaturale: uno sguardo nuovo, un interesse anomalo per ciò che gli capita attorno il quale a sua volta attrae attenzioni, confidenze e richieste di consigli.

«Non credo ai miei sensi e mi chiedo, con la naturale diffidenza verso tutto ciò che sembra bello, se non mi stiano facendo uno scherzo. Ma più ancora un tremolio alla base del cuore mi pungola, come una vibrazione, come il lembo di una tenda lasciata alla corrente. Ecco: queste persone stanno aprendo una finestra, dentro di me, la mia anima è quella tenda e si dibatte senza controllo. Ho l’anima al vento.

Sorrido e mi avvicino ancora. O almeno credo di sorridere perché ho gli occhi umidi. Ma perché? Perché mi commuove tanto questa gente che mi aspetta? Credo che c’entri il fatto di essere vivi. Se qualcuno ti aspetta, non importa il motivo, vuol dire che esisti, che sei al mondo. Per troppo tempo nessuno ha mai aspettato me».

La catartica botta in testa arriva poco dopo l’incipit del romanzo e ci presenta il nuovo Emanuele, quello che si stupisce per la ritrovata sensibilità, prima del vecchio. Possiamo solo intuire come fosse quest’ultimo, lo vediamo attraverso il suo stesso stupore: ci viene detto che lui odia i sentimentalismi eppure non fa che commuoversi e tremare dalla felicità, lui che alla felicità non è abituato.

Un male inatteso porta dunque con sé tanto bene altrettanto inatteso, accende la miccia che nel volgere di un dicembre insolitamente soleggiato farà esplodere uno status quo edificato sulla sabbia e sulla menzogna. Attraversato da «una scarica di adrenalina inaspettata, un’energia positiva che se ne stava inerte da tempi immemorabili, nascosta tra le fronde del bosco dell’oblio» il protagonista comincia a guardarsi dentro, a riflettere ossessivamente sulla questione dei debiti.

«Quanti conti ho in sospeso? Quanti ne abbiamo tutti? Come venature nel marmo percorrono la nostra esistenza, ne sono parte integrante e pesano sulla bilancia dei nostri meriti. Il dare e l’avere, ciò che ho potuto fare grazie a ciò che ho ricevuto, ciò che sono stato grazie agli altri. Quanto c’è di mio e quanto c’è degli altri, in me».

Emanuele decide di scrivere una lista di tutte le persone da cui ha preso qualcosa senza restituire niente e di far loro visita, perché «la felicità deve passare per forza nella strettoia della coscienza e quanto più questa è intasata, tanto più è difficile il passaggio». Il cuore di Preludio a un bacio di Tony Laudadio (NN Editore) non sta tanto nelle inattuabili love story e negli intrighi famigliari, quanto in questo proposito del protagonista di saldare i conti in sospeso, di afferrare gli orli sfilacciati della propria esistenza e intrecciarli in un percorso di rinascita e riscatto. Il nocciolo è il superamento della barriera del pregiudizio, il gesto di alzare lo sguardo da terra e rivolgerlo agli altri, poiché siamo tutti interconnessi in un mosaico di relazioni e lo spostamento di una tessera comporta lo stravolgimento del quadro generale. Emanuele ci insegna che solo dal confronto può arrivare il cambiamento, la crescita, la gentilezza degli sconosciuti. L’importante è togliere il velo grigio dell’apatia e cercare la bellezza in ogni panorama.

Related posts