I Vangeli dipinti

Nessuno sa che è il Piemonte la regione più “santa” d’Italia, quella in cui sensibilmente si percepisce lo sguardo di Dio sugli uomini. Non lo è soltanto l’Umbria, come tutti crediamo quando ci rechiamo in pellegrinaggio sulle orme del poverello di Assisi e di Santa Chiara. Dobbiamo proseguire oltre se vogliamo smarrirci spiritualmente, fino ad arrivare all’estremo nord, oltre le langhe e ai piedi delle alpi, in un paesaggio ameno tra laghi, corsi di fiumi e boschi rigogliosi. Siamo nel territorio dei Sacri Monti piemontesi, che per l’esattezza sono sette e dal 2003 rientrano nel Patrimonio mondiale dell’Unesco: Varallo, Ghiffa, Orta, Domodossola, Belmonte, Crea, Oropa. Sono luoghi al di sopra del mondo reale – sia in senso letterale che metaforico -, centri di devozione cristiana interessanti anche sul piano artistico e paesaggistico, dove recarsi per ritrovare se stessi se si è credenti o semplicemente per una passeggiata a caccia di bellezza. Ma spieghiamoci meglio, raccontando che cos’è Varallo, il più antico dei Sacri Monti e definito sin dalla sua costruzione la “Nuova Gerusalemme”. 

Varallo è una cittadina in provincia di Vercelli, nella Valsesia, particolarmente affascinante per le sue vedute, i pendii ricchi di vegetazione, le strette contrade del centro storico, gli edifici religiosi e l’edilizia borghese. Qui, nel 1491, sul punto più elevato della cittadina, un monaco francescano volle la costruzione di un luogo che ricordasse Gerusalemme. Erano anni in cui l’instabilità politica da un lato e il miglioramento delle condizioni di vita dall’altro rendevano il pellegrinaggio in terra santa poco appetibile, perché oneroso e troppo rischioso. Di qui, l’idea di ricostruire “in loco” un itinerario sulla vita di Gesù, che nel corso dei secoli ha attratto tantissimi uomini di fede, tra cui il cardinale Carlo Borromeo e suo cugino Federigo (quest’ultimo celebrato da Manzoni nei Promessi Sposi).

Al Sacro Monte di Varallo si può arrivare in auto, in funivia o con una passeggiata di circa venti minuti immersi nel verde. Il luogo si presenta come una città fortificata, con 44 cappelle più una basilica centrale, tutte affrescate e con oltre 800 statue in legno e terracotta policroma ad altezza d’uomo, che ripropongono episodi della nascita, vita, morte e resurrezione di Gesù. Si tratta, quindi, di una sorta di Vangelo per immagini, che si dispiega davanti agli occhi dello spettatore e che nella società controriformista aveva chiaramente il fine di istruire i fedeli, favorendo una devozione più diretta e sentita. Fiore all’occhiello del Sacro Monte di Varallo è la solenne cappella 38, dedicata alla Crocifissione di Gesù e interamente curata da Gaudenzio Ferrari, un grande rappresentante della pittura e scultura rinascimentale italiana. Dell’artista di origine valsesiana sono sia gli affreschi sia le 87 sculture in legno e in terracotta policroma, che colpiscono per la straordinaria verosimiglianza e la capacità di enfatizzare sentimenti reali.
Da Varallo, poi, la tradizione dei Sacri Monti si diffuse in tutto il Piemonte, anche per volere dello stesso Carlo Borromeo, e ancora oggi sono una ricchezza capace di attirare migliaia di turisti alla ricerca della natura, dell’arte – perché no? – di Dio.

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