Titolista di insegne cercasi

Nel giornalismo su carta stampata fare i titoli è un’arte che possiedono menti non comuni. Inutile spiegare quanto sia importante dire in pochissimo spazio tipografico tutto il succo dell’articolo, usando metafore, similitudini, allusioni, enfasi ecc. che riescono a incuriosire così tanto il lettore da costringerlo a lasciare gli occhi nel pezzo.

Ebbene, credo che nella società dei consumi sia assolutamente necessario un autore originale e preparato anche per le insegne dei negozi.

Non è un atto di arroganza intellettuale il voler sollevare questa vertenza pubblica; basta fare una passeggiata e alzare lo sguardo più in alto delle vetrine per constatare che tra neon, scritte, pubblicità ecc. c’è un’epidemia di errori grammaticali, ortografici, sintattici di dimensioni bibliche.

I clienti non si devono ammorbare con patologie linguistiche; ci sono i letterati per curare quelle pericolose infezioni che altrimenti diventano croniche, basta pagare la loro consulenza con qualche buono-spesa.

Faccio qualche esempio: un supermercato dirimpetto al mio edicolante mette in bella vista “Orario Continuato” e “Servizio a Domicilio”. Ma l’aggettivo ‘continuato’ e il sostantivo ‘domicilio’ non sono nomi propri, non sono stati mica battezzati per avere la maiuscola!

Sempre in ambiente enogastronomico mi sono imbattuto in un posto presentato come “Facoltà del gusto”. Dall’insegna sembrava che lì dentro ci si potesse iscrivere e frequentare vari corsi di laurea in Salumeria, Panetteria, Caciotteria ecc. Invece, era una piccola bottega di alimentari. Comunque, ho detto al titolare che la riforma Gelmini nel 2010 ha soppresso le tradizionali facoltà, sostituite ed accorpate nelle competenze dal ‘dipartimento’ universitario, perciò se il salumiere, la figlia e il genero volevano legittimamente continuare la didattica come docenti dovevano perlomeno intitolare il loro esercizio ‘dipartimento dei sapori”. Mi hanno fatto pagare una michetta con mortadella e provolone 6 euri.

Dovevo ancora far la spesa e sono stato attratto da un paradiso di profumi, ma dopo aver visto chi faceva le offerte non sono entrato, per evitare da vecchio anarchico, un scontro politico cruento. Un finto aristocratico, senza avere sangue blu, si era auto-proclamato “Il re dei formaggi”. Lo avrei ghigliottinato. Viva la democrazia e abbasso l’assolutismo pecoreccio!

Ormai non guardavo altro che le insegne. Così, mi ha sorpreso un negozio di restauro, chiamato “il Tarlo d’oro”; una vera dimostrazione di fratellanza cristiana verso il proprio nemico, ma voi vi iscrivereste ad una palestra di fitness intitolata “Grasso sublime”?

Sinceramente non sarei tornato a casa per scrivere questo editoriale; volevo riuscire a comprare perlomeno i cetrioli a buon prezzo al mercato rionale. Ma una visione, mi ha tolto il vigore fisico. In una insegna di una bottega c’era scritto: “Di tutto un pò”. È stata una tragica visione. Chi ha messo l’accento grave sulla o? perché lo ha fatto? dove ha trovato tutto quel coraggio? appartiene a una setta segreta? è un compagno di scuola di Razzi?

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