È necessario un patologico e instancabile interesse per l’universo di Carmelo Bene per scriverne o parlarne ancora. E non si tratta di amarlo o, peggio, comprenderlo. Lui che a malapena comprendeva se stesso. Ci provano ancora in pochi ma buoni, a ripercorrere le sue tante vite senza bignamizzare. Il film documento di Giuseppe Sansonna “Tracce di Bene” (trasmesso su Sky Arte e presentato al Festival del Cinema di Roma) lungi dalla pretesa di riferire didascalie, usa un buon linguaggio visivo e sonoro, affidandosi a tracce, appunto, anche di ciò che non fu mai scritto. «Non siete voi che mi cacciate, sono io che vi condanno a rimanere». È l’incipit in cui la sua voce tuona se pur registrata in una delle tante conversazioni domestiche. Epitaffio ideale nonché citazione finale di un film che stregò Carmelo: “La commedia di Dio” di Joao Monteiro.
Un’infanzia da chierichetto, anche la sua molestata dalle mani pruriginose di preti ubriaconi di un antico sud. Sud del sud dei santi. La percezione della propria missione era già alta, lucida, distruttiva e autodistruttiva. Del tutto inedita la sequenza girata al cinema Farnese nel ‘72. Davanti a un pubblico politicizzato, Pier Paolo Pasolini tiene a bada il furore romantico e anarchico, quasi acerbo, di Bene. Giancarlo Dotto invece confessa «Non l’hai mai saputo, e ora voglio dirtelo. Una notte sono stato sul punto di ucciderti. Era il 20 marzo del 1982. Al rientro di una tappa da una tournè memorabile. Io alla guida della Citroen Pallas. Ti eri appena addormentato al mio fianco, con la testa reclinata sul finestrino. Sono anch’io sul punto di crollare ma tengo duro. Mi bagno gli occhi con la saliva. Vecchio trucco. Vado veloce, smanioso di arrivare. Poi, il colpo di sonno arriva secco. Improvviso. Un cazzotto. Buio totale. Mi sveglio a un millimetro dal baratro sotto di noi. Apro gli occhi. Il cuore in gola. Non l’hai mai saputo. Ecco…siamo stati intimi anche in questo». Ectoplasmi televisivi, i volti poco rassicuranti di Flavio Bucci e Luigi Mezzanotte, come i guitti della compagnia Palmi-D’Origlia, tra vuoti di memoria, sublimi amnesie, ricordi dispersi in galassie ormai lontane. Una veglia notturna, vellutata, barocca.
«Delle mie ceneri potrete farne ciò che volete, anche una crostata per colazione», disse Carmelo prima di morire. Il suo funerale lo voleva da vivo, non da morto. Eppure, al di là del genio e della storiella del mai nato e mai esistito, non resta oggi che una voce “Quella voce, che solo ad ascoltarla mi portava in paradiso, chissà dov’è andata, quella voce che ci dava calma e forza, quella voce che era la nostalgia di tutto ciò che non abbiamo mai avuto. Quella voce che ci manca”. Tanto peggio per noi.